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Alberobello, quattro passi tra i trulli

di Paolo Ribichini
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Il bianco della calce. E poi la scura pietra dei tetti a cono, come cappelli di una folla in movimento. Alberobello è una perla unica. Il borgo dei trulli colpisce gli occhi per la sua luce incredibile, per i gerani rossi e il rosa intenso delle bouganville sui muri bianchi, per il cielo di un azzurro intenso che sembra mare. Irreale, incredibile, onirico, Alberobello non lo si può paragonare a nulla. Se in un angolo ti sembra di camminare in un villaggio di qualche isola greca, poi ti giri e vedi quella foresta di coni, il profumo dei pasticciotti, il suono lontano della pizzica, il profumo della carne al fornello.

Il rione Monti

Nel quartiere dei trulli di Alberobello non ci vive quasi più nessuno. Non c’è la vecchietta seduta su una sedia di legno e vimini davanti alla porta di casa, perennemente in lutto. Nessun bar pieno di anziani tra briscole e scoponi scientifici. Né bambini che si rincorrono con un pallone. Di quella tradizione meridionale e contadina c’è ora ben poco. Sembra come una immobile cartolina nella quale il tempo si è fermato chissà quando. Eppure, nonostante tutto, si respira un’aria autentica: un luogo di vita quotidiana trasformato in un grande monumento in cui camminare. Come Pompei o Ostia antica. Ci sono, poi, le botteghe. E c’è bottega e bottega. Vendono pezzi pregiati di artigianato, oppure cianfrusaglie cinesi per turisti. Poi ci sono i bottegai che sembrano buttadentro. La crisi si è fatta sentire e i turisti oggi sono più importanti dell’oro. Si accontentano di un magnete che tenta disperatamente e senza troppo successo di rappresentare un trullo. Oppure di una bottiglia di limoncello. Ma dietro l’angolo c’è anche chi realizza gioielli lavorando a maglia fili d’oro. È la tecnica di merletto conosciuta come “macramè”. Pochi clienti – visti i prezzi – ma opere uniche. Passeggiare tra vicoli perfetti dove nemmeno una foglia sporca la perfezione della pavimentazione, rende tutto estremamente elegante, in uno strano contrasto con la storia di quel luogo e dei contadini che lo vivevano.

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Tra i vicoli di Alberobello | Photo by Victor Malyushev on Unsplash

Di trullo in trullo

Camminando per i vicoli può capitare di imbattersi in qualche trullo aperto al pubblico. Talvolta è la trovata pubblicitaria di qualche bottegaio che vende limoncelli e derivati di dubbia qualità. Ma poco cambia perché quasi sempre l’autenticità del luogo supera di gran lunga i tentativi commerciali di chi in queste ultime due estati ha visto sparire i turisti stranieri. Le abitazioni tradizionali sono in realtà più trulli uniti tra di loro da archi in pietra. Ogni trullo, con il suo simbolo runico bianco sul cono scuro, è in pratica una stanza, con minuscole e rare finestre. Insomma, non il miglior luogo dove vivere oggi, ma per il turista può essere il posto giusto per soggiornare e vivere un’esperienza particolare.

Il Trullo Sovrano

I trulli sono tutti più o meno uguali. Tranne uno: il Trullo Sovrano. Si trova nella parte nord di Alberobello, alle spalle della Chiesa dei Santi Medici Cosma e Damiano. È l’unico trullo ad avere un piano sopraelevato, raggiungibile dall’interno attraverso una scala in muratura, e tra i primi ad essere costruito con la malta. La maestosa cupola conica, alta circa 14 metri, si erge imponente al centro di un gruppo costituito da dodici coni. Costruito da un’importante famiglia locale tra il ‘600 e il ‘700, è oggi un museo dove scoprire aspetti della vita contadina di Alberobello e dei suoi dintorni.

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